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 Progetto

INSEGNARE LA STORIA DEL ‘900

a cura dell’ins. dott. Lucia Abiuso

In occasione del corso di aggiornamento nazionale residenziale per docenti di scuola elementare, media ed educazione degli adulti, istituito dal MPI, ho elaborato delle mie personali riflessioni arricchendole in una seconda parte di idee relative al supporto telematico. E’ naturale che il presente progetto consideri almeno nei punti essenziali il perché sia importante insegnare la storia del ‘900, considerando sempre in primo luogo la necessità che l’atto educativo sia sempre più rispondente alle esigenze del discente e in sincronia con il suo mondo.

Partire dalla domanda che ormai da tempo sta agitando tutti gli studiosi di ogni ordine e grado e l’Italia nella sua complessità, "Bisogna insegnare il ‘900?", giova certamente a meglio comprendere l’esplicitazione successiva alla quale siamo pervenuti grazie al valido contributo dei docenti intervenuti nei singoli seminari dal 2 al 7 marzo c.a. presso il Liceo Scientifico "Ettore Majorana", a Latina.

Stabilita, a priori, la necessità che negli ultimi anni di ogni corso di studi bisogna dedicare maggiore spazio allo studio del ‘900, nasce anche una seconda e più importante affermazione che suggerisce che lo studio della storia del ‘900, senza un allineamento generale delle altre discipline, comporta comunque delle difficoltà.

La guerra di liberazione, la seconda guerra mondiale fino alla carta costituzionale, i cui primi dodici articoli costituiscono un inno all’uomo, sono cause ed effetto nel sociale. Il rispetto degli altri è infatti un valore che accomuna tutte le società ma è frutto di una conquista storica.

Rinnovare la scuola in tali termini, cioè considerare l’insegnamento della storia come una spiegazione del presente e, non solo come testimonianza delle nostre radici, comporta un rinnovamento più corposo della formazione degli insegnanti, tenendo conto di

  1. rigorosità dei contenuti scientifici;
  2. individuazione dei nodi essenziali;
  3. orientamento - assistenza (cioè valido coordinamento incentrato a rispondere ai bisogni sul territorio);
  4. esperienza (non solo formativa, ma anche didattica).

  E’ naturale, soprattutto per docenti di scuola elementare, affermare che sia del tutto necessario partire da qualcosa di più facilmente rapportabile al vissuto dei bambini e, in effetti in qualche modo abbiamo già iniziato a rispondere alla domanda che ci siamo posti fin dall’inizio (bisogna insegnare il ‘900?) , perché è da qui che nasce la necessità di studiare la contemporaneità. E’ un sapere in corso di costruzione che, al di là di una selezione di fonti preesistenti, ci permette di confrontare le versioni dei protagonisti; in poche parole, aggiungerei, che abbiamo certamente una diversa varietà e ricchezza di fonti che partendo dall’io minimalista, ci aiuta a comprendere la macro-storia.

Il 70% delle conoscenze dei ragazzi proviene dai mass-media e comprendere un testo scritto e/o una fotografia induce un diverso modo di procedere; lo studio della storia, da questo punto di vista, aiuta molto alla riformulazione dei processi di rielaborazione delle conoscenze, ponendo quindi in essere la possibilità di acuire le proprie capacità critiche (a questa finalità, d’altro canto, dovrebbe aspirare la scuola...). Le attività di rielaborazione e di ristrutturazione delle conoscenze precedenti, richiede naturalmente una conoscenza da parte dei docenti, di tipo economico, sociale e politico, conoscenze, come dicevamo prima, che abbiano come caratteristica principale, la rigorosità scientifica. Se partiamo dal fatto che i bambini danno molto peso agli elementi appariscenti, si comprende anche perché le istituzioni, in un’epoca di alta tecnologia, presentano non pochi anacronismi. Da qui la duplice necessità dello studio della storia del ‘900 e di una formazione docenti, come dicevamo prima, che abbia la caratteristica della rigorosità scientifica accanto naturalmente alla capacità di individuare i nodi essenziali per un orientamento completo ed esauriente, in rapporto ai bisogni sul territorio. Relativamente a quanto finora detto, c’è stato anche chi ha mosso delle critiche rapportabili alle potenzialità non ancora esplicitate, ma che sono in essere del bambino, facendo scivolare il discorso sulla considerazione che la storia non è pertanto insegnabile fino all’età di 15 anni. Affermazione più che mai inesatta, direi, se si considera che i metodi di raccolta dati e la capacità generale di ragionamento formale si muovono a favore della scoperta di modi di ragionamento specifici. I racconti, così come anche il Bruner diceva, consentono di individuare ciò che è canonico, straordinario e regolare e, conseguentemente, di disporre di intrecci alla luce dei quali i singoli eventi acquistano significato.

Alla luce della riforma che porterà la scuola verso l’Autonomia, e con il Riordino dei cicli, sparirà il concetto che, per parlare di storia, sia necessario partire dalla preistoria. E’ questa in effetti la grande innovazione, che dovrebbe finire con lo sfornare giovani che non siano capaci di riconoscere le proprie radici e, ancor peggio, che non sappiano orientarsi verso idee personali Coscienti. Annullato il punto di partenza che vede la preistoria a capo di un procedimento didattico storico, e quindi l’asse, ritenuta fino ad oggi corretta e coerente dal passato al presente e non viceversa, quale tipo di storia bisogna privilegiare e quale asse temporale è necessario adottare per evitare che si perda la coscienza storica del nostro divenire? Partendo da una didattica modulare, i saperi vengono spizzicati per ricompattarli alla fine del processo educativo: è necessario quindi l’individuazione di rilevanze dalle quali ne verrà fuori un iter formativo. La storia è biografia dell’azione, e pertanto costituisce un percorso di entità razionale: la storia del ‘900, nello specifico, è difficile da insegnare perché tale percorso, ad oggi, è stato possibile tracciarlo in virtù del fatto che la microstoria poteva essere introiettata nella sua macro. Fino al secolo precedente, dal nostro continente si poteva leggere la storia planetaria, mentre il XX secolo è il secolo del declino del nostro continente, per cui la prospettiva eurocentrica non consente di guardare il mondo e costruire una entità razionale del percorso storico. Attraverso l’analisi delle rilevanze, è possibile però superare tali limiti e, in base alle prime, ripercorrere, giunti al passato dal presente, il passato verso il presente arricchendolo (il presente) di dettagli che completano la sua visione in maniera critica e cosciente. Sono stati individuati sei punti fondamentali delle rilevanze storiche del ‘900, che riportiamo, in maniera succinta:

  1. E’ un secolo di massa (una società di massa, in cui la popolazione tutta partecipa e/o desidera partecipare attivamente alla vita sociale);
  2. Uno dei fattori principali della massificazione è la crescita della popolazione; questa, diffusa in maniera difforme, è direttamente proporzionale alle zone di sviluppo e di impoverimento; ad oggi invece, la crescita demografica è inversamente proporzionale alla sviluppo economico, anzi è maggiore nel terzo mondo;
  3. L’altro grande motore della massificazione è il capitalismo: c’è una congrua differenza tra il capitalismo dell’800 e quello del ‘900, il Fordismo e il Taylorismo sono una chiara espressione; la fabbrica diventa gigantesca non solo perché è un concentrato di alta tecnologia, ma anche perché è fatta di uomini e donne. La società di massa è soprattutto una società di massa di consumo: gli uomini e le donne che producono, non sono sganciati dal consumo di ciò che essi stessi producono.
  4. Il tempo libero e il tempo di lavoro sono distinti: il tempo libero è un tempo dedicato al consumo, ma è anche un tempo di riposo ed è questa la grande novità del XX secolo. Il tempo libero è anche il tempo della politica. L’uomo, infatti tende alla partecipazione politica ed il XX secolo è il secolo della democratizzazione della politica, cioè le masse sono oggetto e soggetto di essa: scompare quindi la politica di élite.
  5. Il Totalitarismo Moderno è una risposta alla domanda di inclusione da parte della massa alla partecipazione politica ed è una conseguenza inevitabile che tale totalitarismo abbia portato ad una risposta autoritaria che, prescindendo dalle diversificazioni sociali - territoriali, si sia identificata nel fascismo e nel comunismo.
  6. L’uomo del XX secolo progetta il suo futuro, in effetti la prima guerra mondiale è la prima guerra di massa, una guerra di ideologie.
  7. Individuate le rilevanze storiche e conseguentemente a queste, affinché il processo educativo abbia una sua prosecuzione, vien da sé l’individuazione di rilevanze formative dei discenti, come dei docenti e della società tutta. Il bisogno di costruire corretti rapporti cognitivi fra Presente, Passato e Futuro è la rilevanza formativa necessaria affinché si possa giungere ad una concezione di presente immediato e percezione immediata che porta al presente come storia, quindi memoria visibile, non solo come macroprocessi storici ma anche come microprocessi storici.

Il ‘900 è comunque un secolo molto complesso in cui anche il termine "...di massa" ha un suo preciso significato: si tende alla massificazione che non è omologazione, bensì si intende sopratutto partecipazione di massa; al termine massificazione possiamo in effetti affiancare il termine individualizzazione, così come anche al termine omologazione possiamo affiancare differenziazione. E’ il secolo delle donne, il secolo dei movimenti degli studenti e ciò può aiutare a comprendere meglio la diversità e complessità del ‘900. Didatticamente parlando, così come accennato all’inizio, si deve partire da ciò che è più vicino e comprensibile al vissuto dei bambini e, nel caso del grado di istruzione superiore, dei ragazzi: insegnare a leggere il territorio, consente, direbbe Bevilacqua, di partire dal presente e riconoscere in maniera critica le tracce di un passato comunque prossimo, che ci aiuta a comprendere un passato ancora più lontano e a rivedere in maniera critica e costruttiva, il presente. La presenza di alberi, nel caso specifico della Calabria gli ulivi, in effetti, hanno una loro rilevanza storica, essi erano utili per la produzione del sapone e anche per la filatura dei tessuti; tale presenza di alberi risale infatti alla rivoluzione industriale. Gli esempi potrebbero essere molteplici, ma è necessario capire sopratutto che la natura come la mano dell’uomo concorrono allo svolgersi delle azioni, a quell’entità razionale che è il processo storico. Se i giovani avranno chiaro il concetto che dietro le pietre, gli edifici, i quartieri, il brutto, l’ignobile vi è la mano dell’uomo, allora comprenderanno anche la possibilità, la loro possibilità, di migliorare. E’ naturale che ogni sforzo compiuto in tali termini, deve necessariamente essere supportato da una rigorosa scientificità, che sia anche convenevole con i mezzi più adeguati alle capacità degli allievi. I metodi di raccolta dati, l’individuazione delle fonti e la conseguente individuazione dei contenuti adeguati, potranno portare gli allievi ad essere essi stessi un laboratorio di storia. Il laboratorio, non è un posto polveroso ove si ritrovano scritti noiosi e antiquati, ma è l’organizzazione di tutte quelle fonti, di ogni genere e tipo che gli allievi riusciranno a creare intorno a sé. Gli studenti impareranno a cogliere le tracce del passato ovunque posino l’occhio fino a percorrerli in loro stessi, nel loro agire e fin quando diventeranno elementi di autoconsapevolezza. Elementi sparsi possono in effetti comporsi in un quadro definito fino ad assumere un senso.

Insegnare a leggere il territorio è in effetti la modalità vincente per far sì che i nostri allievi siano consapevoli della loro identità, vivendo coscientemente la propria dimensione, con la fiducia di poter essere i protagonisti del proprio futuro, senza per questo disperdere le proprie energie e lasciare che il loro "destino" si evolva in maniera selvaggia. Ogni cosa, tuttavia, deve anche evolversi tenendo conto che se ieri era il calamaio lo strumento di lavoro dei nostri allievi, oggi c’è la necessità, per evitare di vivere due dimensioni diverse che potrebbero solo creare ansia, dispersione e sfiducia nelle proprie capacità, di considerare il computer, abbandonata la poltrona che lo vede mistificato, a volte esorcizzato e comunque molto discusso, il mezzo più idoneo a far sì che la storia si ricostruisca e che rimanga come lavoro di ricerca sempre valido e aggiornabile.

Se bisogna partire dal proprio vissuto ricercando nell’ambiente in cui si vive una traccia del proprio passato, allora tutte le esperienze che si andranno a raccogliere e che secondo le modalità di procedimento verranno trattate, rimescolate e ancora rielaborate per essere alla fine presentate come prodotto finale in una veste abbastanza specifica, è necessario che vengano catalogate e archiviate per mezzo del supporto multimediale, potranno così , in ogni occasione, essere rielaborate e riadattate. Realizzare CD-ROM non è più una prerogativa di pochi, ma CD-ROM che non vengano alla fine dell’attività riposti in un fondo di cassetto o archiviate in bella mostra nelle librerie della scuola, sono veramente pochi. Più che di un prodotto finale già confezionato sarebbe in effetti opportuno far navigare tutto quel lavoro che rimane nascosto nei file del computer della nostra scuola. Il laboratorio della scuola che abbiamo già dichiarato non deve rappresentare quel posto paurosamente polveroso, pieno di carte che sono anche difficili da amministrare, è in effetti quella organizzazione che dovremo essere capaci di dare a tutte le ricerche che pazientemente e con gran volontà ogni allievo ha portato avanti partendo dalla sua esperienza concreta. Allora sulla base di quanto detto, si nota che il presente progetto non è uno sforzo per far obbligatoriamente rientrare il multimediale dappertutto, ma è un nuovo modo per portare avanti l’azione di insegnamento e dell’apprendimento entrambe attivi.

Il lavoro di ricerca attivo verrà quindi rielaborato e riorganizzato in forma multimediale: la raccolta di foto che altrimenti se non scandite e archiviate non potrebbero essere riutilizzate da altri gruppi, se non dai ragazzi che le hanno reperite e finirebbero a marcire nei sottoscala della scuola, potrebbero costituire il punto di partenza di ulteriori lavori in altre situazioni e permetterebbero la conoscenza di realtà difficilmente individuabili da estranei all’ambiente oggetto di osservazione.

Le tradizioni, quelle vere e non quelle presunte dai giornali, dai libri di testo verrebbero raccontate dai protagonisti del luogo con un trasporto emozionale che purtroppo si tende ad eliminare; ad esempio molti dialetti Italiani vengono inglobati in pochi altri che hanno in comune solo i confini spaziali, fornendo pertanto una conoscenza storica che non ha nulla a che vedere con la rigorosità scientifica, sua principale caratteristica in termini di cosciente conoscenza.

Il laboratorio di storia è un posto che si vive, si respira e si costruisce con metodicità e pertanto non può soltanto rappresentare un’occasione di rielaborazione del materiale reperito in chiave moderna, giusto per dare un respiro agli allievi troppo abituati a studiare la storia sui libri per poi vederlo come un incentivo "per andare a scuola più volentieri", ma deve costituire un reale vantaggio per imparare a vivere socialmente...

Il presente progetto va a giusta causa, per le ragioni fin qui esplicitate, inserito nell’ambito del progetto "Scuola Cablata" che se fino a poco tempo fa ritenevo fosse un progetto futuristico, ad oggi ha necessità di divenire realtà. Scuola Cablata, perché non si può ancora pensare di scrivere soltanto progetti fini a se stessi che considerano solo alcuni aspetti dell’azione educativa, ma che diventino supporti educativi permanenti.

© pagine a cura di Linda Giannini