Il castagno
                
                  C’era una volta un gruppo di bambini che, non sapendo cosa fare, 
                  per curiosità, entrarono in un Museo.
                  Là c’erano tanti quadri e i bambini si fermarono davanti 
                  a un grande dipinto che raffigurava un albero.
                Ma 
                  quello è un castagno? Com’è grande!
                  E’ bello, con le foglie di tanti colori!
                Come 
                  avranno fatto a nascere gli alberi di castagno?
                  Io in un bosco avevo trovato una castagna che si era bagnata 
                  e aveva messo il germoglio. L’ho messa nella terra e l’ho bagnata, 
                  ed è diventata una piantina. Ora ha quattro foglioline.
                Ma 
                  in principio, quando non c’erano ancora gli uomini, come sono 
                  nati il castagno e le altre piante?
                In 
                  quel momento una voce uscì dal quadro e disse:
                  Se non lo sapete ve lo dico io!
                  Ma tu chi sei?
                Il 
                  Sole
                Ma 
                  dove sei? Nel quadro non ti vedo!
                Ti 
                  pare! Ma io sono nei colori delle foglie, nelle nuvole del cielo, 
                  nelle onde del mare, nella luce che tutto illumina.
                  E c’ero prima degli alberi, prima di tutto. Tutto quello che 
                  vedi l’ho fatto io.
                  Anche questo quadro?
                E 
                  il sole, anziché rispondere, raccontò la sua storia.
                Una 
                  volta… una volta così lontana che nessuno può 
                  ricordare…
                  Perché? Perché c’ero solo io. 
                  Allora ero giovane, nuovo, appena nato da una grande luce e 
                  da un tuono. Intorno a me danzavano altri mondi nati insieme, 
                  figli della stessa luce.
                Fra 
                  questi c’era la vostra Terra, avvolta in drappi di vapori, lampi 
                  di fuochi e onde azzurre. Era nuova anche lei.
                  Io la osservavo e le dicevo: della nostra famiglia tu sei l’unica 
                  che può avere la bellezza della vita per rallegrare questo 
                  universo buio.
                  Sarai il mondo più bello dello spazio e io ti aiuterò 
                  a diventarlo. 
                  Ti donerò scintille di luce e tu le userai per creare 
                  la vita che ora non c’è.
                  E sarà come un gioco, vuoi?
                  Lei accettò.
                Io 
                  allora cominciai a lanciarle scintille di luce che brillavano 
                  come stelle nell’acqua del mare e nel fuoco dei vulcani per 
                  tanto tempo, fin che per la prima volta una scintilla si unì 
                  a una particella di materia e diventò viva. Viva, capite?
                  Da quel momento altre molecole, giocando con la mia luce, si 
                  unirono a particelle di materia e formarono altri mattoni vivi 
                  con i quali potevamo inventare forme diverse.
                
                Cominciò 
                  così la vita: la Terra era diventata una immensa fabbrica 
                  di opere d’arte. Osservate un fiore, un filo d’erba, un albero: 
                  ognuno, nato da un seme, come la vostra castagna, cresce con 
                  un suo inconfondibile stile; c’è chi costruisce canne 
                  flessibili che resistono alle bufere di vento senza spezzarsi, 
                  chi innalza tronchi forti come rocce come il castagno, chi inventa 
                  semi con le ali per volare lontano in cerca di un posto fresco 
                  per germogliare.
                Il 
                  mio gioco aveva trasformato la Terra nel luogo più bello 
                  dell’universo che i pittori hanno copiato come in questo quadro.
                
                
                  Allora è merito tuo se la montagna si scioglie nel mare?
                  E anche se le foglie sono così colorate da sembrare pennelli 
                  gocciolanti?
                  E anche se il castagno è cresciuto così forte 
                  e vigoroso?
                Io 
                  non credo che sia così forte… guardate il ramo più 
                  grosso si è spezzato! E’ vero è proprio rotto, 
                  che cosa gli sarà successo?! domandò un bambino.
                
                Chiedetelo 
                  al vento, intervenne il castagno, che corre in lungo e in largo, 
                  e cerca sempre di buttarmi a terra, quello era il mio ramo più 
                  bello!
                  L’avevo cresciuto con tanto amore, e invece… 
                  il vento arrivò di corsa, sbattendo una finestra e raggelando 
                  l’aria sibilò:
                  In una notte di tempesta il cielo era pieno di lampi e tuoni 
                  e un fulmine spezzò il ramo del castagno. Il ramo cadde 
                  tra le foglie secche e rotolò in mare.
                Il 
                  Mare portando il suo profumo di salmastro, sospirò:
                Io 
                  lo raccolsi dolcemente e lo portai in una baia protetta dagli 
                  scogli.
                  Quella notte riposò circondato da piccoli sassi e conchiglie 
                  che, insieme alle foglie rimaste, formarono una corona. 
                  Quando la burrasca finì, spuntò la luna e con 
                  la sua luce bianca illuminò il ramo che moriva in un 
                  letto di brillanti.
                Poverino! 
                  E’ morto?
                  Ho detto che moriva? Non è esatto, riprendeva a vivere, 
                  perché tutto quello che la terra abbandona, io me lo 
                  prendo e lo faccio rivivere.
                  Anche tu, come il sole, sei un artista?
                E 
                  il ramo?
                  Quando venne un’altra burrasca lo portai più lontano, 
                  su un’isola deserta dove ho il mio laboratorio. Lì c’era 
                  il vento che giocava con la sabbia creando intorno a lui piccolissime 
                  dune del deserto, che cambiavano forma in continuazione, mentre 
                  i granelli di sabbia dorata rotolavano prima in salita e poi 
                  in discesa, per fermarsi un attimo ad ammirare il lavoro che 
                  avevano fatto e riprendere a rincorrersi.
                
                  Su questa spiaggia bianca ho raccolto i sassi più belli 
                  che ho modellato. 
                
                E 
                  i sassi chi li ha creati?
                  I Sassi, figli delle montagne, rumoreggiando dal fondo del quadro 
                  raccontarono il loro lungo viaggio.
                Noi 
                  eravamo abbracciati alla roccia delle cime nevose dove volano 
                  le aquile. La neve al sole diventò acqua che correva, 
                  ci staccò e ci spinse giù verso i prati verdi. 
                  Di salto in salto arrivammo al grande fiume e lì, rotolando 
                  sul fondo, arrivammo al mare.
                  Le onde ci cullavano, ci facevano danzare con ritmi a volte 
                  calmi, a volte vorticosi.
                  E nella danza diventammo sempre più belli, lisci e leggeri.
                  Fu in quel momento che le Onde rivolgendosi al Castagno, gorgogliarono 
                  in coro: noi creiamo continuamente straordinarie forme, mescolando, 
                  con l’aiuto del vento, tutto quello che il mare raccoglie; è 
                  così che quella volta, con il tuo ramo e i sassi più 
                  belli, realizzammo infinite sculture e il mare le mostrava ai 
                  gabbiani che volteggiano in cerca di pesci.
                
                Il 
                  castagno ebbe un fremito d’emozione ma prima che potesse parlare, 
                  un bambino esclamò:
                  Allora c’è un museo per i gabbiani?! 
                  I gabbiani, volando vicino alla finestra del Museo, garrirono: 
                  
                  Sì, è qui fuori,venite a vederlo!
                  I bambini uscirono e videro lo splendido parco di alberi secolari 
                  e il roseto che si spinge nel mare tra scogliere e insenature 
                  e spiagge di sassi.
                  La vita era nata come gioco del sole.
                
                Ora 
                  qui il mare invita a giocare alla creazione di forme sempre 
                  nuove.
                Al 
                  mare ho visto sassi bianchi e grigi, piccoli e grossi.
                Io 
                  ho raccolto tante conchiglie colorate.
                Un 
                  ramo secco sulla sabbia sembrava un mostro.
                Le 
                  onde bianche erano cavalli in corsa.
                Il 
                  mare respirava.
                Urlava 
                  contro gli scogli.
                Giocava, 
                  e io giocavo con lui.
                 
                  Mario Lodi
                
                   
                      | 
                    Racconto 
                      di Mario Lodi 
                      Illustrato con le ceramiche di Alfredo Gioventù 
                      2 – Sogno intorno all’opera 
                      Maschietto Editore, via de’ Vanni 58° - Firenze |