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                Cosa 
                  s’intende per multimedialità?  
                Quali 
                  potrebbero essere le condizioni-situazioni d’uso della multimedialità 
                  da parte della scuola?  
                Che 
                  rapporto sarebbe giusto istituire, da adulti (insegnanti e no), 
                  per recuperare la concretezza della relazione d’amore che unisce 
                  bambino e macchine multimediali ed investire su di essa? Sono 
              i tre interrogativi che R. Maragliano si propone di affrontare. 
             Nicholas 
              Negroponte parla di ricchezza audiovisiva, di profondità 
              conoscitiva e informativa, di interattività: questi, secondo 
              lui, gli ingredienti del multimediale. E 
              a ciascuno di questi ingredienti ecco corrispondere una matrice 
              materiale e linguistica: per la ricchezza audiovisiva la matrice 
              è data dalle trasmissioni d’intrattenimento della tv, per 
              la profondità culturale dal libro stampato, per l’interattività 
              dal computer. Dunque 
              la multimedialità sarebbe il punto d’incontro tra queste 
              tre risorse: impossibile ridurla a una di esse, nascendo proprio 
              dalla loro integrazione. 
             Ne 
              consegue che l’esperienza multimediale, intesa come azione-integrazione 
              di codici, viene a realizzarsi al livello più avanzato dentro 
              gli spazi d’uso di un computer (ovviamente multimediale); che dei 
              tre elementi (audiovisivo, scrittura, interattività) non 
              ce n’è uno che sia più importante dell’altro.   Come 
              fare entrare la multimedialità dentro la scuola, avendo 
              per obiettivo strategico l’intento di contribuire al suo "rimbambinimento", 
              aiutandola a recuperare (a darsi) lo sguardo dell’infante sulle 
              cose, sui linguaggi, sui saperi? Sono 
              tre le modalità possibili: 
              
              
                La 
                  macchina multimediale svolge essenzialmente un ruolo strumentale. 
                  Il computer prende il posto del libro o del giradischi o anche 
                  del proiettore, ma per fare esattamente le stesse cose che si 
                  facevano con quelle macchine, al massimo con un po’ di risparmio 
                  e un (modesto) incremento nell’efficacia delle azioni. Si sfogliano 
                  libri, si entra in brani di film o di musica, si fanno giochetti, 
                  o anche si scrivono testi, si organizzano disegni e grafici 
                  ecc. Tutto ciò adottando una sola macchina, appunto il 
                  computer multimediale.  
               
                 La 
                  macchina multimediale entra nella scuola per essere insegnata 
                  come macchina, diventando oggetto (e non soggetto) didattico. 
                  Allora, si fa lezione di computer: vuoi per capire e far capire 
                  come funziona questa diavoleria, vuoi per difendere bambini 
                  e ragazzi reali da altre, ancora più insidiose diavolerie 
                  (dominare il computer, dunque, per non essere dominati dalla 
                  tv, dal consumismo, dalla caduta dei valori). Anche qui, un 
                  po’ di preoccupazione per i rischi che si va a correre: grammaticalismo, 
                  formalismo, ingegnerismo, insomma astrattezza e rigidità. Ultima 
              possibilità, quella che risulta più in linea con il 
              carico di problemi fin qui accumulato.  
              
                 Assumere 
                  il multimediale come ambiente di lavoro, esattamente come 
                  la scrittura è stata fin qui l’ambiente di lavoro (esclusivo) 
                  dell’azione scolastica. Cioè ripensare-ridefinire i contenuti 
                  e le forme dell’insegnamento in un’ottica di integrazione piena 
                  tra l’autorevolezza della macchina del sapere per eccellenza 
                  (il libro) e la forza d’urto delle macchine dello svago e del 
                  coinvolgimento (tv e cinema, ma anche videogioco).  Questo 
              si intende oggi per "edutainment": formazione e intrattenimento, 
              con rilievo e dignità pari. Una sfida vera e propria per 
              la nostra scuola, che vive i due termini come antagonistici. Ma, 
              sia chiaro, una sfida epistemologica prima che tecnologica, che 
              riguarda più la qualità dei saperi che la quantità 
              delle risorse materiali disponibili. C’è 
              da considerare che il computer è pienamente dentro lo spazio 
              di vita di bambini e ragazzi (come ci stanno televisione, videogiochi, 
              cartelloni pubblicitari, alimenti e indumenti commerciali’ ecc.), 
              e che essi lo amano e lo sentono istintivamente dalla loro parte. Ma 
              perché questa "relazione d'amore" ? Per 
              Negroponte e Papert il computer è "la macchina dei bambini". 
             Come 
              potrebbe non attirarli una forma di conoscenza che è a un 
              tempo ricca, profonda e animata, che riconosce pari dignità 
              al suono, al colore, all’animazione, al segno di scrittura, che 
              avvolge e coinvolge, dialoga, esalta l’operatività? Come 
              può non attirarci?  |